
© Filippo Chinnici
La notizia pubblicata ieri dall’Ansa riguardante la recente distribuzione del libro illustrato «Perché hai due papà» in alcune scuole elementari della provincia di Asti solleva preoccupazioni gravissime sotto il profilo pedagogico, psicologico, giuridico e antropologico. Non si tratta di un gesto innocuo orientato all’inclusione, bensì di un’operazione di indottrinamento ideologico sistematico, attuata con modalità subdole e manipolatorie, che violano i fondamenti epistemologici dell’educazione e i diritti primari delle famiglie.
Contenuti
1. Un’azione didattica priva di legittimità pedagogica
Qualunque proposta formativa che intenda trattare temi eticamente sensibili — come la genitorialità, l’identità sessuale, la procreazione e la struttura familiare — non può essere imposta unilateralmente, né tantomeno somministrata a bambini in età evolutiva senza il previo e informato consenso dei genitori.
L’inserimento in classe di un prodotto editoriale che propone come “normale” la genitorialità omosessuale ottenuta tramite gestazione per altri (GPA) — pratica vietata in Italia ai sensi della L. 40/2004 — costituisce un abuso della funzione educativa e una violazione dell’equilibrio pedagogico-didattico. L’insegnante non è un vettore ideologico, ma un mediatore imparziale della realtà, e ogni forzatura in questo senso rappresenta una forma di plagio affettivo.
2. L’età evolutiva come terreno fertile per la manipolazione
I bambini tra i 5 e i 10 anni si trovano in una fase di sviluppo cognitivo caratterizzata da:
- pensiero concreto e simbolico in formazione (Piaget, stadio operatorio concreto),
- identità psico-affettiva ancora fluida,
- forte dipendenza dall’autorità percepita (adulti di riferimento: genitori, maestri).
In questo contesto, l’introduzione di narrazioni che decostruiscono i riferimenti naturali fondamentali (madre, padre, nascita, famiglia, sessualità) genera una dissonanza cognitiva precoce e favorisce l’interiorizzazione passiva di costrutti ideologici, senza che il bambino possieda gli strumenti razionali per discernere tra realtà e rappresentazione.
L’uso del linguaggio affettivo e del disegno a fumetti accentua la pervasività del messaggio: non si invita alla riflessione, si instilla un dogma emotivo, attraverso una forma di persuasione subliminale che elude ogni filtro critico.
3. La pedagogia trasformata in veicolo ideologico
L’intento non è educativo, ma rieducativo: si tenta di trasformare l’immaginario infantile, cancellando le basi biologiche e affettive della filiazione e sostituendole con un modello artificiale e ideologizzato di famiglia.
La gestazione per altri (GPA) viene implicitamente presentata come opzione legittima, senza alcun riferimento alla realtà giuridica, alle implicazioni etiche, né alla sofferenza psichica documentata nei bambini nati da surrogazione (Rivka Edelman, 2015; Jennifer Lahl, CBC Network). La madre biologica scompare dalla narrazione, ridotta a funzione contrattualizzata e quindi disumanizzata. La relazione materna – primo e fondamentale legame affettivo – è negata e cancellata.
Tutto questo è pedagogicamente inaccettabile, psicologicamente pericoloso e moralmente fraudolento.
4. Il principio educativo violato: il consenso informato familiare
Secondo l’art. 30 della Costituzione italiana, i genitori hanno il diritto-dovere di educare i figli, e nessuna istituzione può sostituirsi ad essi in ambiti che riguardano la formazione morale e affettiva.
L’assenza di comunicazione preventiva verso le famiglie e l’attuazione di questa “proposta didattica” all’insaputa dei genitori configura un atto gravemente antipedagogico, oltre che un’espropriazione della responsabilità educativa. Il diritto dei genitori al consenso informato su contenuti eticamente rilevanti è non solo legittimo, ma doveroso.
Il rifiuto di tale principio rivela un progetto più ampio di colonizzazione ideologica dell’immaginario infantile, sostenuto da gruppi di pressione radicalizzati, che fanno della scuola il loro laboratorio sociale.
5. L’ideologia contro l’antropologia
Questa operazione educativa tradisce i presupposti fondamentali dell’antropologia relazionale: la complementarità sessuata, la dualità generativa, la maternità come legame originario e insostituibile, la paternità come riferimento simbolico e affettivo.
Imporre come «modello valido» una realtà costruita artificialmente e fondata sulla negazione del dato biologico e affettivo non è educazione: è decostruzione dell’umano, programmata e pianificata.
Chi nega la madre, chi propone la fabbricazione del figlio come diritto di coppia, chi censura la differenza sessuale non sta “includendo”: sta disumanizzando l’infanzia.
Conclusione
Non ci troviamo di fronte a una semplice iniziativa didattica, ma a una strategia pedagogico-culturale deliberata, che tenta di rimodellare l’identità dei bambini secondo principi estranei alla verità antropologica e ai valori costituzionali.
Ogni educatore, ogni psicologo, ogni genitore consapevole ha il dovere di denunciare, opporsi e vigilare.
Perché l’infanzia non è il campo di battaglia dell’ideologia.
È il grembo sacro dell’umanità che sarà.
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