
La figlia di Orit Strook denuncia violenze sessuali in famiglia. Ordine di censura in Israele. La giovane è fuggita a Roma e ha presentato denuncia in Italia
Un caso giudiziario esplosivo minaccia di scuotere le fondamenta del governo israeliano. Secondo quanto riportato da Quds News Network , Shoshana Strook, figlia della ministra per le Missioni Nazionali Orit Strook, ha accusato pubblicamente entrambi i genitori e uno dei fratelli di abusi sessuali sistematici.
La denuncia è stata depositata in Italia, dopo che Shoshana è riuscita a fuggire da Israele e a rifugiarsi a Roma, dove ha trovato assistenza e protezione. L’informazione è stata rilanciata anche dal giornalista Muhammad Shehada sul proprio profilo X.com, confermando la gravità delle accuse e l’imposizione di un gag order da parte della magistratura israeliana.
«Dopo anni di botte e sensi di colpa, ho finalmente parlato. I ricordi sono schiaccianti, ma ho bisogno di giustizia», ha dichiarato Shoshana nella sua denuncia, riportata da Quds News.
La giovane afferma anche di aver assistito all’abuso di tre fratelli più piccoli. Il tribunale israeliano, in risposta alla denuncia, ha imposto una restrizione totale sulla pubblicazione di nomi e dettagli investigativi, misura che, secondo vari analisti, potrebbe avere una finalità politica oltre che cautelare.
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Una famiglia già nel mirino della giustizia
Le denunce di Shoshana assumono un significato ancora più grave alla luce dei precedenti familiari. Come documentato da Haaretz (29 luglio 2011), Zviki Strook, fratello di Shoshana, fu condannato nel 2007 per rapimento, percosse e tortura ai danni di un adolescente palestinese di 15 anni, legato nudo in un campo dopo essere stato picchiato. Durante l’aggressione, l’uomo uccise anche un capretto appena nato. Nonostante la condanna a due anni e mezzo di reclusione, fu rilasciato nove mesi prima del termine.
Chi è Orit Strook
Ministra del governo Netanyahu ed esponente del partito Sionismo Religioso, Orit Strook è tra le figure di punta del movimento dei coloni israeliani. Da sempre difende gli insediamenti nei territori occupati e sostiene una visione teocratica dello Stato. Recentemente, Strook si è distinta per aver rilanciato le accuse secondo cui Hamas avrebbe perpetrato stupri di massa durante l’attacco del 7 ottobre 2023, senza tuttavia presentare prove verificate da organismi terzi.
Le accuse mosse ora da sua figlia – e la gravità dei reati contestati – pongono un interrogativo etico e politico di portata internazionale: è ammissibile che chi denuncia violenze non dimostrate nei confronti del “nemico” venga protetto da un sistema che, al contempo, censura le accuse rivolte a se stesso?
Impunità e silenzi: numeri e contesto
Il contesto giudiziario israeliano presenta dati allarmanti. Secondo il rapporto annuale pubblicato da The Association of Rape Crisis Centers in Israel (ARCCI) nel 2023, l’81% delle denunce per violenza sessuale si è concluso senza incriminazione. Su 6.405 casi aperti, solo 663 hanno portato a un procedimento formale. Questi numeri, se letti alla luce del caso Strook, rafforzano la percezione di una cultura dell’impunità, soprattutto quando le accuse toccano figure legate all’élite politica o religiosa.
- Perché proprio Roma?
- Un caso isolato o la punta dell’iceberg?
Shoshana parla di minacce e di un “ambiente” che protegge gli aggressori. L’accenno a una rete organizzata che agirebbe per ridurre al silenzio le vittime introduce un elemento che merita attenzione: si tratta di una famiglia potente che appartiene all’élite religiosa e politica di Israele. È lecito chiedersi se altri casi simili siano stati insabbiati, o se questo sia solo il primo a rompere il muro dell’omertà istituzionale.
La violenza come strumento di dominio
A rendere il quadro ancora più cupo è il rapporto pubblicato dall’OHCHR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani) nel 2024, in cui si denuncia l’uso della violenza sessuale da parte di forze israeliane e coloni nei territori occupati. Il report parla esplicitamente di stupri, violenze riproduttive e mutilazioni come “strumenti per dominare e distruggere” la popolazione palestinese.
Il caso Shoshana Strook non è solo una vicenda familiare. È uno specchio crudele di un sistema in cui potere politico, ideologia religiosa e impunità giudiziaria si intrecciano. La censura imposta, la fuga all’estero, il silenzio dei media mainstream occidentali, l’omertà istituzionale: tutto ciò non può che far sorgere domande scomode, ma necessarie.
Chi protegge davvero le vittime? Chi decide quale verità può essere detta e quale deve restare sepolta sotto un ordine giudiziario?