
Epifania dell’assenza e dissoluzione del papato: chi occupa la scena quando il “vicario” è stato rimosso?
Il presente articolo propone una lettura simbolica e rituale dell’apparizione pubblica di Jorge Mario Bergoglio nella Basilica di San Pietro. In particolare, si analizza l’ambiguo indumento da lui indossato, che alcuni hanno identificato come un semplice poncho, altri come un richiamo visivo al tallit ebraico. Il testo si concentra sulla sua valenza esoterica ed evocativa, interpretando l’evento come segnale di una mutazione profonda del simbolo papale. L’intento non è quello di affermare una verità dogmatica, ma di decifrare il linguaggio rituale implicito in ciò che viene mostrato. Perché in certi contesti, l’essenza del potere si comunica non per dichiarazioni, ma per simboli. |
© di Filippo Chinnici
Nel cuore della cristianità, dove un tempo si levavano le litanie dei successori di Pietro, si aggira oggi una figura estranea all’ethos liturgico, aliena al munus, eppure al centro del palcoscenico visivo: Jorge Mario Bergoglio, spinto su una sedia a rotelle, senza talare né seguito cardinalizio, avvolto in un indumento ambiguo che confonde le forme tra sudario, mantello e tallit (טַלִּית). Tutto, nella scena, sembra urlare l’assenza: assenza di autorità, di sacralità, di legittimità.
Questa non è una semplice immagine di fragilità fisica. È un atto scenico, un simbolo rovesciato, un’epifania della vacanza spirituale. Con la morte di Benedetto XVI, che non abdicò mai al munus, la sede di Pietro è rimasta vacante. Bergoglio non ne è mai stato il successore ontologico, ma piuttosto il funzionario esterno al mistero. L’apparizione recente, nei giorni culminanti della Quaresima, non può essere letta come casuale.
Contenuti
1.Un teatro della dissoluzione
Mostrarsi senza la veste bianca, senza voce, senza gerarchia: tutto ciò che un tempo esprimeva l’autoritas divina viene ora dissolto nella rappresentazione borghese di un potere declinante. Dopo quaranta giorni d’assenza mediatica, la figura di Bergoglio riappare non per guidare, ma per essere condotta. Non per parlare, ma per esistere come simbolo vuoto, manovrato, sospinto, muto.
E qui emergono le domande che bruciano sotto la superficie:
Chi è colui che ci viene mostrato? Chi lo guida? Perché ora? Perché è accompagnato da laici e non da cardinali?
Sono interrogativi che rimandano a una regia invisibile, a un potere che non è più apostolico ma mediatico, iniziatico, extraecclesiale.
2. Il drappo ambiguo: poncho o tallit ?
Tra gli elementi più discussi e simbolicamente carichi dell’apparizione pubblica di Bergoglio, spicca senza dubbio l’indumento che lo avvolge. Alcuni lo identificano come un semplice poncho: un tessuto informe, privo di struttura liturgica, forse scelto per motivi pratici o climatici. Altri vi scorgono invece un richiamo visivo, seppur imperfetto, al tallit (טַלִּית), lo scialle rituale della tradizione ebraica, indossato durante la preghiera per richiamare l’alleanza e l’osservanza della Torah.
Sul piano materiale, mancano i segni distintivi del vero tallit: le frange (tzitzit), le bande azzurre o nere, la struttura rettangolare. Eppure, nell’ambiguità della forma e nel contesto della scena, l’indumento si presta a una lettura doppiamente significativa: poncho per gli occhi dei profani, tallit per chi sa decifrare i simboli.
In una visione cabalistica e rituale, l’indumento si trasforma così in segno di tione visiva al tallit, il messaggio è chiaro: il papato, svuotato del suo contenuto “cristiano”, può essere ricodificato all’interno di una liturgia sincretica e globalista.
Che sia poncho o tallit, ciò che conta è il rito: il simbolo non rappresenta più la successione apostolica, ma l’indifferenza post-confessionale.
3. Il linguaggio iniziatico della rappresentazione
Nulla, in questa apparizione, è lasciato al caso. Ogni dettaglio parla. E lo fa secondo le tre chiavi di lettura rituale:
3.1. Esoterica – L’inversione del sacro
Non assistiamo a un atto innocuo, ma a una parodia rituale del papato. L’immagine del “Vicario del Logos” è stata sostituita da una figura disincarnata, spogliata, ridotta a movimento assistito. È il rovesciamento: dalla verticalità alla passività, dall’azione liturgica alla gestualità patetica. Un rito di svestizione spirituale orchestrato in mondovisione.
3.2. Essoterica – L’inganno delle apparenze
Per il pubblico profano, l’apparizione vuole rassicurare: «Il Papa è vivo. È presente». Ma si tratta di teatro sedativo. La veste è muta, la voce assente, l’autoritas disinnescata. L’immagine viene offerta non per guidare, ma per impedire che ci si accorga del vuoto.
3.3. Cabalistica – La kelippah e il guscio svuotato
Nel linguaggio cabalistico, ciò che resta quando la luce è perduta si chiama kelippah (קליפה): un guscio che trattiene la forma senza contenuto. Bergoglio appare dunque come la kelippah del papato: una scorza che conserva i contorni, ma è vuota della grazia, della legittimità, del munus.
4. Il potere dietro il simbolo: il paradigma sionista
A questo punto, si impone una domanda ulteriore: chi orchestra tutto ciò? Chi ha interesse a perpetuare una figura svuotata, un simbolo disinnescato ma ancora potente?
Non è un mistero che le dinamiche geopolitiche, comunicative e culturali del presente siano profondamente influenzate da centri di potere ebraico-aschenazita, eredi di un sionismo messianico che aspira a ricostruire un tempio senza Redentore e a unificare le fedi sotto una liturgia orizzontale.
Il pontificato di Bergoglio, con la sua retorica del dialogo interreligioso, della neutralizzazione dottrinale, della spiritualità post-cristiana e de-cristiana, ha incarnato plasticamente questo progetto. L’apparizione in indumenti dal sapore rabbinico, l’assenza della veste bianca, l’accompagnamento esclusivamente laico, tutto suggerisce una liturgia parallela, un’alleanza altra.
5. Dopo Benedetto: la sede vacante
La morte di Benedetto XVI — ultimo vero detentore del munus — ha aperto un interregno silenzioso ma reale. Nessun successore legittimo è stato eletto. La “cattedra di Pietro” è vacante. E chi occupa oggi la scena ecclesiale, non è il Papa, ma il suo contrario rituale: un attore che recita il vuoto.
Le immagini di questi giorni non sono fotografie: sono icone del sovvertimento. La talare bianca ha lasciato il posto a un panno disadorno. Il corteo sacro, a un accompagnamento profano. Il papato, a una funzione amministrativa deprivata di grazia. Quella che oggi si mostra al mondo è la caricatura visibile del trono svuotato, l’ombra mimetica di una cattedra che non parla più. Svuotare le religioni. dall’interno per creare una nuova.
Conclusione
Non resta che il segno. Ma non è più sacramentale: è visivo. L’apparizione è diventata simulazione. La voce è diventata silenzio. L’unzione è diventata coreografia.
E così, mentre il popolo assiste, la scenografia si compie: la cattedra è vacante, il pontefice è un attore, e la liturgia è una trasmigrazione travestita da continuità.
Il sipario si apre. E dietro, non c’è più il Papa, ma l’insegna rituale del suo svuotamento.