
Chi comanda davvero?
© Filippo Chinnici
Questa mattina leggo le notizie e trovo che l’amministrazione Trump ha annunciato dazi generalizzati su quasi tutte le importazioni globali, con punte del 145% verso la Cina. Eppure, tra le esenzioni più clamorose compaiono proprio i settori più sensibili: smartphone, computer, chip e infrastrutture tecnologiche.
Fonti: The Guardian, The Wall Street Journal, Cadenaser, Business Insider
In altre parole, Apple, Nvidia, TSMC, Dell, Microsoft e l’intero comparto hi-tech vengono risparmiati.
Questa scelta non è tecnica, ma rivelatrice. Mentre settori tradizionali come l’automotive, l’industria pesante e l’agroalimentare vengono esposti al fuoco incrociato dei dazi, le colonne portanti del nuovo potere globale vengono protette con attenzione chirurgica.
Il messaggio è chiaro: non si toccano gli strumenti del controllo digitale e della sorveglianza algoritmica.
Contenuti
1. Big Tech è il nuovo Stato profondo
Non siamo più nell’era della supremazia militare o bancaria. Oggi il vero potere è nelle mani di chi gestisce:
- I dati sensibili di miliardi di persone.
- L’intelligenza artificiale e la cybersicurezza.
- La comunicazione globale e la percezione pubblica.
Apple, Microsoft, Nvidia, Google, Amazon non sono più solo aziende. Sono le centrali operative di un nuovo ordine transnazionale che prescinde dalle sovranità nazionali.
Big Tech è il nuovo Stato profondo, invisibile ma dominante, legato a doppio filo ai governi e ai servizi segreti, alle borse e agli algoritmi. Big Tech non è più un attore economico: è l’ossatura del nuovo potere imperiale, il vero deep state del XXI secolo, diffuso e invisibile, come peraltro ho scritto tempo fa in un articolo a proposito dello Stato profondo che cambia pelo. Il nuovo Stato profondo non porta cravatte. Porta chip.
2. La guerra commerciale è un teatrino
Trump alza i dazi, minaccia la Cina, poi salva proprio i colossi americani che producono in Cina e vendono in Occidente. Apple assembla in Asia, investe in IA globale e viene esentata.
Se ci fosse un vero conflitto ideologico, Apple sarebbe il primo bersaglio. Invece è la più protetta.
Dietro lo scontro visibile tra Washington e Pechino, c’è una cooperazione invisibile tra élite che condividono interessi strategici.
La guerra commerciale è geopolitica per la TV, ma tecnocratica nella realtà.
Dazi come arma psicologica
I settori colpiti sono quelli che fanno rumore: auto elettriche, beni di consumo, industrie di base.
La strategia è collaudata: creare panico, generare crolli, per poi intervenire con esenzioni selettive che rilanciano i mercati e premiano chi sapeva.
Shock & relief: si destabilizza per poi consolidare il controllo. Il risultato è triplice:
- Guadagno finanziario per chi è dentro il gioco.
- Consolidamento politico per chi “risolve” la crisi.
- Condizionamento psicologico delle masse, che si abituano al caos controllato.
3. Il sacrificio dell’economia reale
Mentre i colossi digitali vengono salvati, il comparto agroalimentare — già sotto pressione per inflazione, normative e logistica — viene lasciato senza protezione esposto a dazi incrociati, costi di trasporto, blocchi logistici.
L’agricoltura, la manifattura, le piccole imprese: tutto ciò che è reale, tangibile e umano, viene sacrificato sull’altare del nuovo ordine digitale.
Il cittadino paga, le piattaforme incassano.
Nel nuovo scenario multipolare, l’agricoltura, la manifattura e l’industria pesante sono sacrificabili.
Al contrario, tutto ciò che gestisce informazione, identità, comunicazione e controllo algoritmico viene tutelato con cura chirurgica.
4. La ristrutturazione è in corso, e il popolo non è invitato
L’obiettivo non è la distruzione del sistema, ma la sua ristrutturazione controllata. Le crisi non sono fallimenti: sono strumenti di transizione verso un’economia ipercentralizzata, dove:
- il denaro è tracciato.
- la proprietà è temporanea.
- l’accesso ai beni è condizionato.
- la libertà economica è sostituita da identità digitale, credito sociale e consumo sorvegliato.
La proprietà privata viene colpita. Il sistema no.
L’esenzione della Big Tech dai dazi non è un errore, ma la conferma di una gerarchia nascosta.
- Le istituzioni nazionali diventano facciate.
- Le guerre commerciali, strumenti di distrazione.
- Il vero potere si muove nei data center, non nei parlamenti.
Quello a cui assistiamo non è una guerra tra nazioni, ma una convergenza delle élite verso un nuovo ordine tecno-finanziario.
La classe media globale, intanto, viene messa fuori gioco, espropriata lentamente, sempre meno proprietaria e sempre più “utente”.
Conclusione
Trump appare come nazionalista ribelle, ma in realtà non intacca mai l’equilibrio digitale globale.
L’intera dinamica suggerisce che le tensioni vere non siano tra USA e Cina, ma tra élite e popoli, tra sovranità e tecnocrazia, tra realtà e rappresentazione.
Il teatro è davanti a noi. Ma chi lo osserva attentamente vede che gli attori recitano per lo stesso regista.