21 Novembre 2024

ICO, STO, SEC e ipotesi per sviluppi futuri nella regolamentazione di token di exchange

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Da alcuni anni a questa parte si è diffuso tra delle aziende (in particolare tra le startup) e sviluppatori un metodo per raccogliere fondi per finanziare lo sviluppo di applicazioni e progetti, quello che si basa sull’emissione di ICO.

ICO è l’acronimo di Initial Coin Offering (Offerta di Moneta Iniziale, ovvero Offerta Iniziale di Moneta).

A questo punto possiamo dire che questo metodo è stato un mezzo non regolamentato di crowdfunding nel settore finanziario (decentralizzato), in quanto quello delle emissioni di ICO consiste in operazioni attraverso cui le startup forniscono dei token agli investitori appunto in ottica di investimenti. Si tratta di casi simili ma non identici a quelli di emissioni di IPO (note operazioni sui mercati azionari con cui le società fanno il loro ingesso in borsa o quelle già quotate aumentano il loro capitale) in quanto si svolgono su blockchain. Quindi la maggioranza delle aziende che si affacciano al mondo della Blockchain tramite le ICO emettono token in cambio di denaro in valuta a corso legale (valuta FIAT: dollaro, euro, ecc.) e ciò permette agli investitori di accedere alle funzionalità di particolari progetti.

Pertanto i token sono “gettoni speculativi” offerti durante ciascuna ICO e possono essere considerati come equivalenti alle azioni acquistate nell’ambito di un’IPO.

La prima ICO venne lanciata nel 2013 emettendo Mastercoin e le ICO hanno preso slancio nel 2016 fino a raggiungere il proprio picco nel 2017.

A questo punto possiamo pensare che i token ETH, BNB, TRX, ecc. legati rispettivamente alle blockchain di Ethereum, Binance, Tron, ecc. siano token di ICO che danno la possibilità di usare le applicazioni che operano nelle rispettive blockchain (analogamente si può pensare agli attuali token legati ai metaversi).

Le società che usano gli ICO come metodo per raccogliere fondi (al fine di capitalizzarsi) usufruiscono di molti vantaggi e tra questi:

  • non vengono sottoposte a tassazione, cosa che invece accade nel caso delle IPO;
  • le vendite di token sono dirette (quindi non vengono fatte attraverso le banche) e gli investitori basano le proprie decisioni sul contenuto dei progetti preparati dalla stessa società e legati a ciascun token.

Allora è chiaro che il metodo di capitalizzazione tramite le ICO è una scappatoia che permette alle società di aggirare la legislazione esistente, in quanto tale metodo permette alle società ed agli investitori di evitare facilmente i requisiti finanziari e regolatori riguardo all’acquisizione di fondi: gli investitori acquistano token e non investono nella società, tutto è legale.

La carenza di regole che riguardano le società che raccolgono fondi tramite ICO ha portato nel corso di questo decennio a truffe e perdite di denaro da parte degli investitori. Dopo molte truffe e progetti che non hanno funzionato (“hanno scammato“), gli investitori sono diventati più cauti e le autorità di regolamentazione hanno intensificato i loro sforzi ad operare su questo settore. Ricordiamo che nel settembre del 2017 la PBOC (People’s Bank Of China, la banca centrale cinese) ha vietato sia gli ICO che i mercati delle criptovalute; questa è la direzione che o in un modo o in un altro sono orientati tanti altri governi del mondo. Pertanto se il 2017 è stato l’anno delle ICO, il 2018 è stato l’anno dell’inizio della resa dei conti. Il 2018 è stato l’anno in cui è decollata l’offerta di token di sicurezza (STO – Security TOken) e da quel momento in poi le truffe dilanganti per la mancanza di regolamentazione delle ICO diventeranno molto più difficili da mettere in atto. Abbiamo così che, se un token è considerato un titolo, è improvvisamente soggetto alle leggi ed ai regolamenti che regolano i prodotti finanziari e una ICO o una società di blockchain nella sua fase post-ICO potrebbe improvvisamente trovarsi nei guai con la legge per non-conformità con le normative.

Ora premettiamo che l’organismo che si occupa della regolamentazione e della vigilanza (supervisione ed ispezione) del mercato azionario americano per la salvaguardia della sua trasparenza a tutela degli investitori, in particolare dei piccoli risparmiatori, ovvero l’organismo che vigila sui mercati delle azioni, dei titoli … e delle security, è  l’autorità federale americana che va sotto il nome di Securities Exchange Commission (è più noto il suo acronicmo SEC, il cui sito è www.sec.gov). Stiamo parlando di un’istituzione della “Cabala”, la stessa che venne usata negli anni ’30 del secolo scorso per trasformare gli stati del mondo in “trust” (imprese S.p.A.), tra cui la Repubblica Italiana S.p.A., e ciò al fine di gestirli nel migliore dei modi possibili. Si tratta di una delle autorità di regolamentazione vigilanza più importanti al mondo, date le dimensioni dei mercati americani. In Italia la sua controparte sarebbe la Consob, nel Regno Unito, la Financial Conduct Authority (FCA), in Messico la Comisión Nacional Bancaria y de Valores (CNBV).

In questi giorni è circolata voce che nella denuncia che la SEC ha sporto contro Caroline Ellison e Zixiao “Gary” Wang di Alameda Research e FTX, l’exchange crypto fallito a novembre, troviamo scritto che l’FTT (ossia il token di FTX) è stato offerto e venduto come contratto di investimento e pertanto come security token. A questo punto si potrebbe pensare che, se il token FTT di FTX viene considerato dalla SEC come una security, c’è il rischio che vengano considerati security anche i token di altri exchange crypto, come ad esempio i BNB di Binance e i CRO di Crypto.com.

Teniamo presente che i security token non vengono scambiati sugli exchange ma solo su apposite piattaforme autorizzate. Pertanto, se BNB e CRO venissero considerati security token, dovrebbero essere sicuramente ritirati dagli exchange ed eventualmente portati su delle piattaforme.

Tuttavia allo stato attuale sul fatto che BNB, CRO, e gli altri token degli exchange siano da considerare security token, rimane solo una supposizione in quanto in merito la SEC non ha ancora emesso alcun giudizio definitivo.

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